16 Dic

Vi presentiamo le Favole di Baby Interior Design, i racconti della vostra carta da parati preferita. Leggetele ai vostri bambini prima della buonanotte!

Federico e Giulietta

Giulietta era una graziosa elefantina della savana, che trascorreva serenamente le sue giornate passeggiando nella natura, a volte per cercare una pozza di acqua fresca e a volte per diletto. Una caratteristica che però la contraddistingueva era quella di essere una irrimediabile fifona. Ogni qualvolta le capitasse di avvertire un rumore improvviso, anche il più piccolo, Giulietta si allarmava, finendo molte volte per darsela a gambe senza motivo. Le succedeva di cascare seduta a terra se inavvertitamente calpestava un rametto, o per l’appunto di fuggire come il vento quando un animaletto si muoveva tra il fogliame. Rumori innocui che si potevano sentire tutti i giorni nella vita della savana, e che non costituivano nulla di pericoloso; ma Giulietta aveva troppa, irresistibile paura, e quando sentiva un suono improvviso che le appariva anche solo minimamente minaccioso, sapeva in cuor suo di doversi mettere al riparo, senza curarsi di cosa si trattasse. C’era però un rumore forte ed impetuoso che invece adorava, ed era quello della pioggia, quella grossa e voluminosa pioggia che provocava un grande e lungo scroscio, e che solo raramente scendeva nel clima tropicale della savana. Per Giulietta quello era il più dolce e rassicurante dei suoni, perché passeggiare sotto una fresca pioggia era una delle cose che più amava: quando pioveva infatti tutti gli animali si andavano a nascondere, e lei poteva invece uscire senza preoccuparsi di nulla, e godersi la rinfrescante acqua pulita che scendeva dal cielo. Quando in una notte come tante cominciò a piovere a dirotto nella savana, Giulietta l’elefantina uscì felicemente allo scoperto, richiamata dallo scroscio dell’acqua cadente. Dopo essersi guardata attorno con aria compiaciuta ed aver notato di essere del tutto sola, si avventurò felicemente per i sentieri.

L’acqua le cadeva piacevolmente sulla testa e sul groppone, e produceva un rilassante crepitio cadendo a terra. Procedendo spensieratamente sulla sua strada, non si curò di quanto si fosse allontanata da casa. All’improvviso, però, cominciò a sentire un piccolo, sinistro rumore alle sue spalle, che non seppe identificare immediatamente, ma che si faceva più forte e persistente man mano che Giulietta accelerava il passo per la paura. Era un rumore per lei difficile da comprendere, che non aveva mai sentito e per cui sentiva fosse lecito avere paura. Sentendo che quel suono diveniva sempre più un fracasso ogni volta che si muoveva più velocemente, Giulietta, temendo di essere seguita, prese la decisione di girarsi di scatto, per vedere cosa si trovasse alle sue spalle. Ed ecco che qualcosa apparve. Non era un grosso animale, ma una piccola creatura; piccola, si, ma sudicia, orrenda e con occhi enormi in cui si riflettevano i lampi che avevano cominciato a scendere dal cielo. Possibile che quel minuscolo esserino facesse così tanto baccano? Questo si chiedeva Giulietta, tremante di fifa blu, fissando il suo piccolo inseguitore. Ma quando il mostriciattolo avanzò velocemente di un paio di passi, l’elefantina scappò di corsa senza pensarci due volte. E più scappava, più di nuovo quell’assordante frastuono la inseguiva. Come liberarsi di quel misterioso, veloce animalaccio che non le dava pace? Giulietta provò a seminarlo nell’erba alta, ma questi non perdeva un solo passo; cambiò bruscamente direzione molte volte, ma non riuscì a depistarlo; e qualsiasi altra manovra mettesse in atto, non le permetteva di guadagnare terreno. Stremata per la fatica, non si accorse che si stava per infilare in un vicolo cieco, e si vide d’improvviso la strada sbarrata da una enorme roccia.

Non le restò che voltarsi, terrorizzata, a vedere cosa voleva da lei quell’esserino dall’aspetto terribile. Il mostriciattolo, ansimante per la lunga corsa, si alzò su due zampe e, agitando i pugni per aria esclamò con una vocina molto acuta e buffa: “Per la miseria! Finalmente ti sei fermata!” E scrollandosi dell’acqua di dosso aggiunse: “Volevi per caso farmi correre per tutta la savana con questa pioggia battente?” Giulietta non poteva crederci. Stava scappando da un tenero ed innocuo topolino! “Oh, accipicchia, scusami davvero topolino! Mi hai fatto tanto spavento con tutto quel chiasso e con il pelo bagnato di pioggia. Ma perché mi stai inseguendo?” chiese Giulietta. “È semplice”, rispose il topolino. “Cercavo di recuperare il mio ombrello, che si è impigliato nella tua coda mentre mi passavi accanto”. Giulietta allora controllò la sua coda, e vide un grosso ombrello giallo attaccatovi proprio come detto dal topolino. “Ecco cos’era quel rumore! L’ombrello che sbatteva a terra! Scusami ancora topolino, non avrei mai immaginato. Ecco, prendi!” e restituì l’ombrello al topolino, che inzuppo d’acqua vi si infilò subito sotto per trovare riparo. “ Grazie, elefantina. Te lo avrei voluto spiegare prima, ma tu sei scappata di paura senza nemmeno capire cosa stesse accadendo.” “Hai ragione, topolino. E penso che da questa volta avrò meno paura e mi fermerò sempre a vedere che succede. A proposito, come ti chiami?” “Mi chiamo Federico, e anche a me piace vagare per la strada alla scoperta di nuovi posti. Ecco, forse meno quando piove. Ma se vorrai, potrò farti compagnia in tutti gli altri giorni.” “Perché no? In due sarà più divertente!” E Giulietta tornò a casa con due ottimi risultati: aveva imparato che non sempre bisogna aver paura dei rumori improvvisi, ed aveva trovato un nuovo amico.

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